Storia della moda: gli anni ’20

di Lorena Menzani

Siamo tra la fine degli anni ’20 e gli inizi degli anni ’30. La prima guerra mondiale ha lasciato tracce indelebili, ma ora è finita, nessuno sà che, solo tra breve tempo, il destino ha riservato altri sette lunghi terribili anni di orrore, che cambieranno per sempre le sorti dell’umanità.



Il clima è di confusa eccitante e forse un po’ eccessiva rinascita e le donne rispondono a questo periodo adottando per la prima volta uno stile androgino. Sono indipendenti, fanno tennis, golf, guidano le macchine e addirittura pilotano gli aerei, viaggiano, ma sopratutto ballano. Ascoltano jazz, bevono e fumano almeno quanto i loro compagni.

I loro capelli si accorciano e si portano alla “garçonne”, ma non rinunciano alla femminilità. Ecco allora che i capi si adornano con piume, nastri, foulard e cappellini à cloche, non mancano mai le spille che spesso sono in finto oro e finte perle. E’ una giovane Chanel che le lancia sul mercato, di tutte le dimensioni e rigorosamente finte perchè tutte le donne di qualsiasi classe sociale, possano portarle nasce la bigiotteria.

I twin-set in lana e cotone con cardigan molto lunghi 75 cm in questi anni si usano moltissimo sia nello sport che per la vita di tutti i giorni e sopratutto per la donna popolare. Le gonne si accorciano al ginocchio, in alcuni casi anche più corte, plissè o a pieghe, le linee sono aderenti al corpo, ma morbide, i seni sono appiattiti da fasce e fusciacche usate anche come cinture posizionate sui fianchi. Se le cinture invece sono in pelle sono sempre rigorosamente strette, per abbellire abiti a sacco dritti e semplici arrichiti da fantasie con motivi geometrici ispirati alle correnti artistiche del momento: il Cubismo e l’Art déco. I tessuti basici come lane tweed a fantasie maschili, gessati pied de poule, principe di galles, sono rimasti dalle divise della guerra appena passata.

I colori sono sempre sui toni dei marroni, ma anche bordò, arancio, viola e molto nero accostato al bianco su abiti in jersey. Particolare attenzione va ai colletti in pizzo Valencienne, con il tulle sotto come base e con i ricami in seta, ma anche macramè di cotone, piquet di diverse fogge e costruzioni da cambiare in base alle occasioni. Le madri di famiglia di colore li usano per andare in chiesa, fermati da nastri in raso.

C’è in quel periodo anche una nuova influenza orientale che piace molto ecco che i pantaloni adottati anche dalle donne si allargano. Arriva il pigiama palazzo con pantaloni larghi e le casacche morbide che diventa non solo veste da casa, ma anche un capo chic per il giorno. Le fantasie orientali sui velluti e sui rasi sono le preferite delle prostitute sopratutto nei toni dei rossi che indossano bigiotteria portata agli eccessi.

Le calze, accorciandosi le gonne, aquistano un insolita importanza sopratutto in seta color carne, ma compaiono anche calzini alla caviglia, calzerotti in rete, pizzo e colore. Le scarpe sono comode il tacco a 6-7 cm hanno cinturini e fibbia che le tengano ben salde ai piedi. I colli in pelliccia di volpe sono tra gli accessori più desiderati, anche per le donne di ceto basso.

E’ il 1929 Madeleine Vionnet realizza i primi abiti morbidi con taglio in sbieco sul fondo e per i dettagli delle maniche, ed influenzerà la moda nei seguenti anni 30.


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